Sanità pubblica
Il diritto alla salute è un diritto incomprimibile che non può essere piegato a logiche aziendalistiche o peggio svuotato per riempire le tasche dei privati. Per anni si è proceduto ad una logica di tagli lineari a senso unico che hanno eliminato servizi e desertificato interi territori. Dopo si è passati ad una privatizzazione silente, una privatizzazione indotta costringendo i cittadini a rivolgersi ai servizi privati paralizzando e rendendo impossibile l’accesso alla sanità pubblica. Quando sei costretto ad aspettare anni per un esame clinico e il privato te lo offre a pagamento in pochi giorni o sei costretto a rinunciare alla tua salute oppure scegli di pagare. Se te lo puoi permettere.
La pandemia da Covid-19 ci ha dato una lezione pratica dell’importanza imprescindibile della sanità territoriale, capillare e diffusa. Quando era più necessaria ci siamo accorti del danno fatto in decenni di politiche scellerate con una prospettiva ospedalocentrica. I centri di alta specialità sono stati saturati e appesantiti, allungando in maniera vertiginosa le liste d’attesa.
Ospedali dove i posti in corsia sono strutturali e fissi da anni, dove passano 8-12 ore prima di essere presi in carico al pronto soccorso.
Dove una logica mercantilistica della mobilità interregionale ha impoverito l’offerta sanitaria.
Ogni cittadino umbro deve avere pari accesso al sistema sanitario regionale. In caso di una patologia tempo-dipendente chi vive a Civita di Cascia deve veder riconosciuto lo stesso diritto di accesso ai presidi di emergenza urgenza di chi vive a fianco dell’Ospedale Silvestrini. Oggi invece vivere nelle aree interne vuol dire avere meno aspettativa di vita rispetto di chi vive in città.
C’è bisogno di un nuovo assetto sanitario della regione che metta al centro l’integrazione tra le alte specialità e la sanità territoriale attraverso un’integrazione orizzontale. Per anni il dibattito politico è stato fermo intorno alle aziende uniche, con la scusa del risparmio nei costi di gestione verso un’integrazione verticale: una sola USL e una sola azienda ospedaliera. Oggi possiamo dire che è possibile razionalizzare ma garantendo e potenziando i servizi integrando le aziende ospedaliere con quelle sanitarie. Due aziende una dell’Umbria nord e una dell’Umbria sud con al centro le alte specialità di Terni e Perugia ma integrando e valorizzando i 15 ospedali di comunità. Presidi territoriali a bassa intensità ma in grado di garantire servizi.
L’Umbria si spopola ed aumenta il proprio tasso di invecchiamento. Una regione dove l’assistenza sanitaria sta diventando il primo settore economico. C’è bisogno di servizi più efficaci e più efficienti anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, la telemedicina e la medicina 4.0
A monte di tutto ciò, però, è necessario però invertire il processo che vuole la sanità come gestione della patologia e non come promozione della salute. Dobbiamo prevenire l’insorgere delle patologie e il loro aggravamento con un approccio globale che punti ad intervenire eliminando progressivamente i fattori di rischio: ambientali, lavorativi, sociali, psicologici, alimentari,dipendenze, stili di vita, ecc…
Puntare ad una medicina preventiva e personalizzata che sia volta a considerare il profilo genetico e indirizzata ad andare a cercare patologie laddove ci sia probabilità di trovarle utilizzando in maniera mirata le risorse. Riconoscere il benessere psicologico come presupposto imprescindibile per il raggiungimento di questo obiettivo attraverso l’istituzione di un servizio di psicologia di base.
La prima malattia curata è una malattia che siamo stati in grado di prevenire.