Economia rigenerativa
Siamo umani, siamo esseri viventi.
Il nostro habitat è ormai diffuso sull’intero pianeta Terra ed è il risultato della diretta e costante interazione tra uomo e natura. Da questo rapporto dipende la nostra sopravvivenza, la durata e la qualità della nostra esistenza sia in forma sociale che individuale.
Gli ultimi due secoli di organizzazione umana hanno profondamente sconvolto l’equilibrio degli ecosistemi del nostro pianeta, frutto di miliardi di anni di processi geologici e biologici. Un esempio su tutti è l’estrazione e il progressivo esaurimento di idrocarburi fossili sviluppati in milioni di anni di decomposizione di materia organica. Processo da cui ha origine la plastica che stiamo però “restituendo” in ogni parte del globo, dalle profondità delle fosse oceaniche fino alle vette montuose più alte. Un’indagine svolta da Greenpeace nel 2015 ha accertato la presenza di fluorocarburi persino nella neve raccolta sui laghi di Pilato in cima ai Monti Sibillini, in Umbria.
L’aria che respiriamo è compromessa dalla presenza di gas e polveri che impattano sulla nostra salute. Nell’acqua che beviamo sono presenti microplastiche o sostanze inquinanti frutto di sversamenti che hanno compromesso per decenni le falde acquifere come nel caso dei composti organoalogenati. La terra dove coltiviamo il nostro cibo è compromessa dall’interramento di rifiuti o dalla ricaduta al suolo di polveri e sostanze.
Per dare una ragione a tutto questo ci siamo inventati dei “limiti di legge”, delle soglie di tollerabilità decise per convenzione che danno per scontato che una contaminazione di base, alla fine, debba pur esserci.
Danni apparentemente irreversibili il cui impatto non è limitato al nostro arco di vita, ma che si trascineranno a tempo indeterminato alle generazioni a venire con conseguenze dirette sul nostro patrimonio genetico. Le patologie correlate al solo inquinamento atmosferico causano ogni anno, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 7 milioni di morti ovvero più del doppio di quelli causati dalla pandemia da Coronavirus. Danni che impediscono il pieno sviluppo e l’integrità della persona.
Se è pur vero che ogni individuo ha il suo piccolo spazio di responsabilità per cambiare realmente le cose, i fattori individuali hanno un impatto nullo rispetto ai grandi inquinatori. Entità economiche che costruiscono enormi profitti senza restituire le esternalità negative ambientali che costituiscono un potenziale grande pericolo per ogni persona. Da una parte ci sono i produttori di rischio e dall’altra gli esposti involontari, esseri umani che il rischio sono costretti a subirlo nel loro “habitat” a prescindere dalla loro volontà.
Oggi non possiamo più limitarci a prendere la inevitabile decisione di smettere di inquinare. Abbiamo il dovere di rimediare al danno fatto e risanare le matrici ambientali. Svuotare le discariche, restituire fertilità e materia organica ai nostri suoli, ripulire gli oceani e i corpi idrici dai rifiuti, favorire e tutelare la biodiversità. Costruire un futuro incentrato sul paradigma circolare e rigenerativo, su comunità sostenibili e interdipendenti e che faccia proprio il modello degli organismi viventi.