Cultura umbra
La nostra cultura è il frutto di migliaia di anni di incontri e contaminazioni tra popoli, la stratificazione di culture che costituiscono le identità profondamente diverse dell’Umbria. Una diversità che ancora oggi costituisce una barriera nella percezione della regione come un’entità unica.
Questo sincretismo non ha intaccato sopravvivenze ed elementi comuni che sussistono non solo nel complesso delle tradizioni ma nella società contemporanea.
Eppure ciò che oggi sta minacciando indiscriminatamente tali identità è il progressivo spopolamento dei centri storici, dei borghi e delle aree rurali. Comunità in progressiva via d’estinzione a causa di una pluralità di fattori localizzativi mancanti che spingono gli individui ad emigrare verso maggiori opportunità e verso ciò che percepiscono come un miglioramento della qualità della vita.
Tuteliamo e vincoliamo i sassi ma non il patrimonio demo-etno-antropologico che lo ha creato.
I centri storici si trasformano in alberghi diffusi. Le case dove crescevano bambini diventano camere d’albergo. Dove prima c’erano botteghe artigiane oggi ci sono negozi di souvenir Made in China, dove c’erano macellerie, ortofrutta, pescherie, pizzicagnoli che vendevano prodotti locali oggi ci sono grandi catene in franchising che vendono prodotti industriali. Così si estingue un popolo in cambio di un presepe di plastica.
Lo spopolamento interessa però anche le città che subiscono il decadimento delle grandi aree produttive in una transizione verso un’economia sempre più incentrata sui servizi e in un ciclo di vita sempre più breve in una nuova era dei centri commerciali.
Da un’elaborazione su dati ISTAT dell’Agenzia Umbria Ricerche nel 2040 avremo 70mila abitanti in meno. Lo stesso trend vede nel 2070 l’Umbria raggiunge una popolazione di 650mila abitanti con il 40% di popolazione over 65. Numeri che trovano conferma nel quadro di decrescita che va avanti dal secolo scorso e che colpisce implacabilmente le aree interne più vulnerabili.
Il presidio umano è un presupposto imprescindibile per il governo del territorio. Un’area disabitata è un luogo in cui aumenta sensibilmente il rischio idrogeologico, il rischio di incendi e la presenza della criminalità organizzata. Le nostre produzioni di eccellenza e la nostra sovranità alimentare dipendono soprattutto dalla nostra capacità di produrre cibo sano e con metodi sostenibili. L’allevamento allo stato brado, il pascolo sono un patrimonio millenario della nostra cultura che è un presupposto imprescindibile per una transizione ecologica verso metodi zootecnici estensivi ed a basso impatto ambientale. Così come la pesca e gli allevamenti ittici anche nelle acque interne.
Difendere la nostra identità vuol dire in primo luogo rendere fattibile e conveniente la permanenza in Umbria garantendo l’opportunità di costruire un progetto di vita. Per fare questo è necessario avere servizi accessibili ed infrastrutture adeguate. Intervenire su sanità, istruzione, cultura, economia, burocrazia, trasporti, connettività avvalendosi anche dell’opportunità che le nuove tecnologie ci hanno concesso nei cosiddetti servizi 4.0. Un cittadino di Civita di Cascia deve avere lo stesso diritto di accesso alla salute di uno che vive accanto all’Ospedale Silvestrini a Perugia. Questo non vuol dire avere un reparto di neurochirurgia a Norcia ma vuol dire potenziare i presidi di emergenza urgenza laddove proprio ce n’è più bisogno, facendo sì che a fronte di una patologia tempo-dipendente si intervenga in tempo utile.
L’Umbria è viva se continuiamo ad abitarla nelle sue montagne, campagne, laghi, fiumi. In continuo mutamento ed evoluzione com’è sempre stata ma senza prescindere dalle proprie radici profonde.