Gli ultimi due secoli hanno profondamente sconvolto l’equilibrio degli ecosistemi in tutto il pianeta, non solo nelle aree urbane e quelle produttive ma persino i luoghi più distanti e inaccessibili. Un’indagine svolta da Greenpeace nel 2015 ha accertato la presenza di fluorocarburi persino nella neve raccolta sui laghi di Pilato sulla cima dei Monti Sibillini.
Gli ecosistemi del pianeta sono anche l’habitat della nostra specie, quella umana, frutto della diretta e costante interazione tra uomo e ambiente in grado di determinare la nostra sopravvivenza e la nostra qualità della vita collettiva e individuale.
Oggi però le matrici ambientali sono contaminate. L’aria che respiriamo è compromessa dalla presenza di gas e polveri che impattano sulla nostra salute. Nell’acqua sono presenti microplastiche e spesso sostanze inquinanti frutto di sversamenti che hanno compromesso per decenni le falde acquifere come nel caso dei composti organoalogenati. Ed anche la terra dove coltiviamo il nostro cibo è compromessa dall’interramento di rifiuti o dalla ricaduta al suolo di polveri e sostanze.
Danni irreversibili il cui impatto non è limitato al nostro arco di vita ma a quello delle generazioni a venire, per un tempo indeterminato, con conseguenze sul nostro patrimonio genetico. Patologie correlate all’esposizione ambientale diverse da quelle di un’economia di sussistenza, anche se non alternative alla povertà e alla fame, ma che impediscono nella medesima maniera il pieno sviluppo e l’integrità della persona.
Una società dei consumi in cui ognuno ha il suo piccolo spazio di responsabilità per cambiare le cose ma in una dimensione di scala ben diversa rispetto ai grandi inquinatori. Coloro che costruiscono profitti senza però ripagare le esternalità negative sotto il profilo ambientale costituendo una grave situazione di pericolo potenziale per ogni individuo.
Da una parte quindi i produttori di rischio e dall’altra gli esposti involontari, ovvero tutti i cittadini che il rischio sono costretti a subirlo nel loro “habitat” a prescindere dalla loro volontà.
Oggi non possiamo più limitarci ai buoni propositi nell’intento di smettere di inquinare. Oggi dobbiamo invece sviluppare un piano di risanamento delle matrici ambientali iniziando a rimediare i nostri errori e quelli di chi ci ha preceduto.
Oggi dobbiamo iniziare a pensare a svuotare le discariche, a restituire fertilità e materia organica ai nostri suoli, a ripulire mari, i bacini e i corsi idrici dai rifiuti.
Costuire un futuro basato su una nuova organizzazione della nostra società incentrato su un paradigma circolare e rigenerativo fatto di comunità sostenibili e interdipendenti proprio come gli organismi viventi.
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